manifesto
Io credo nella libertà assoluta dell’essere umano e soprattutto in quella espressiva, l’arte.
Credo che l’arte debba occuparsi dei problemi sociali e del fare per denunciarli.
Credo inoltre che l’arte debba essere cultura, cibo per la mente e non debba avere niente a che fare con il denaro.
Pertanto non frequento i canali usuali dell’arte di stato ma seguo vie traverse, luoghi insoliti fuori dai clamori e dai sistemi.
Cioè al di là e al di fuori dei circuiti “ufficiali” dell’arte che, troppo spesso, sacrificano la presentazione di ricerche autentiche e
interessanti al dato meramente economico-commerciale.
Credo che la missione dell’artista dovrebbe essere il porsi come carta assorbente verso il mondo che lo circonda, interpretandolo o anticipandolo ma, troppo spesso, il linguaggio dell’arte contemporanea è solo auto celebrativa.
Il mio fare arte è socialmente e politicamente una sorta di anarchismo espressivo.
Con i miei lavori intendo avvicinare e coinvolgere le persone, facendole riflettere sulle varie problematiche quali guerre, migrazioni, ecologia, ambiente e far loro intravvedere un possibile altro perché possa nascere una vera comunità sociale nel rispetto assoluto del creato.
La mia coscienza è scossa dagli scenari di guerra e violenza da parte dell’uomo e della natura, forse mai avvertiti così reali e vicini.
Rammentiamoci che il cambiamento climatico è conseguenza dell’incuria dell’uomo verso questa terra dimenticando che ne siamo solo ospiti e non padroni.
Sono ammutolito e impotente davanti a tanta ostinata violenza, mi sono interrogato a lungo se fosse opportuna una mia testimonianza e, nel caso, quale potesse essere.
Se la cultura del conflitto, della supremazia e della morte, viene elargita tutti i giorni a piene mani e diventa seduttiva, deve valere allora anche il suo contrario.
Dobbiamo credere che la promozione della pace sia altrettanto contagiosa e che l’unico modo per alimentarla è la testimonianza quotidiana, ciascuno coi mezzi che ha a disposizione.
Il mio è quello dell’arte e sono convinto che la creatività abbia grandi affinità con la spiritualità.
Da sempre dove c’è un pensiero non c’è un’arma e dove tace la parola e il dialogo vi sia solo violenza, noi tutti abbiamo il dovere di ricordarlo, ripeterlo e soprattutto di diffonderlo.
Il nemico peggiore, il più feroce, è l’indifferenza che ci invade e annienta la nostra umanità, sostituendola con il pregiudizio e la
paura.
Con i miei lavori esprimerò ogni volta il mio sgomento e la mia speranza in spazi i più vissuti, i più normali dove ciascuno possa essere indotto, tanto dal luogo stesso quanto dall’opera, anche solo ad un piccolo pensiero …... di pace.
Giacomo Nicola Manenti